I Migliori DAC USB DSD
I Migliori DAC USB DSD del I lettori fedeli di “Hifi per tutti” sanno che uno dei dispositivi maggiormente recensiti
Leggi tuttoLa sigla DAC sta per “Digital to Analog Converter”, ovvero convertitore digitale-analogico. E’ un dispositivo sviluppatosi con l’avvento della musica digitale, ed in particolare con i lettori CD per il mondo “consumer”, e i convertitori delle interfacce audio da studio per quanto riguarda l’ambito professionale.
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Nella scelta di un DAC per il nostro impianto HiFi è fondamentale guardare determinati parametri, che ci daranno un’indicazione, sebbene parziale, della qualità del dispositivo.
La parte più importante di un DAC è la sezione analogica, tendenzialmente più costosa in fase di progettazione, è anche quella che fa la differenza fra un dac economico e uno di fascia alta.
Il primo parametro da tenere in considerazione è la distorsione armonica totale che troverete soprattutto con la sigla THD. E’ espressa con una percentuale, più basso è tale valore più elevata è la qualità costruttiva del DAC.
Un buon DAC ha valori di THD+N con tre zeri dopo la virgola, ad esempio: 0,0004%.
Un dac di fascia alta o HiEnd si avvicina molto allo 0,0001%
Un altro parametro molto importante è il rapporto segnale/rumore o SNR. Indica il rapporto tra la massima intensità di segnale che il dispositivo può riprodurre senza andare in distorsione e il rumore di fondo dovuto alla circuitazione stessa. Dipende essenzialmente dalla qualità costruttiva della sezione analogica di un DAC. E’ espresso in dB, più alto sarà tale valore più il suono ne risulterà pulito.
Un buon DAC ha un valore di SNR ≥ 110dB, un ottimo DAC ha un SNR ≥ 130dB
La conversione digitale/analogica avviene trasformando i campioni e le relative ampiezze in voltaggi, che andranno poi ad “alimentare” l’amplificatore. Per capire meglio la conversione D/A bisogna prima comprendere la conversione A/D, ovvero quella che trasforma un segnale elettrico analogico in segnale digitale, ovvero numeri. Questo è possibile in primis mediante il campionamento, ovvero lo “spezzettamento” in piccoli frammenti detti campioni, o samples, del segnale audio.
Il numero di campioni raccolti ogni secondo è detta appunto “frequenza di campionamento”, sample rate in inglese. Secondo il teorema di Nyquist-Shannon, la frequenza di campionamento dev’essere almeno doppia rispetto all’armonica più alta udibile dall’orecchio umano, aumentata di “un’anticchia”. Fu quindi fissato a 20.050Hz, che raddoppiati diventano 44.100Hz. Vi ricorda niente? E’ la frequenza di campionamento dei CD nonchè il minimo sindacale di qualsiasi DAC.
Una frequenza di campionamento più elevata a 48kHz, 88.2kHz, 96kHz e 192kHz determina un aumento della risposta in frequenza. Suona meglio, insomma.
Ma perchè aumentare di 50Hz il limite alto della banda audio? La motivazione va ricercata nell’uso di un particolare filtro passa-basso, settato poco sopra i 20kHz detto filtro Antialiasing. Come tutti i filtri esso ha una “pendenza” e una perdita di 3dB sulla frequenza di taglio, per evitare di compromettere le frequenze udibili, è stata fissata una soglia un po’ superiore.
Si tratta di armoniche superiori alla frequenza di campionamento, che se non adeguatamente filtrate andrebbero a creare degli “alias” nello spettro udibile, che si manifestano con distorsioni e una riduzione della risposta in frequenza.
Un esempio di aliasing audio è questo:
Ok, fin qui abbiamo “fotografato” e archiviato, nel nostro hard disk, immaginario i campioni segnale audio, tuttavia manca qualcosa di molto importante: l’ampiezza. Per spiegare facilmente questo passaggio, prendo ad esempio due diversi tipi di manopole del volume dell’amplificatore: la prima va dal minimo al massimo del volume senza interruzioni, la seconda procede “a scatti” con valori predeterminati dal produttore. A questo punto possiamo definire i valori di volume della prima manopola come continui mentre i valori “a scatti” della seconda, come discreti. Nel mondo digitale non esistono valori continui, esso è infatti basato sul sistema binario o esadecimale, ed entrambi sono dei tipi discreti. Tutti i campioni prelevati vanno quindi archiviati con valori “discreti”, arrotondando i valori di ampiezza al loro corrispettivo discreto più vicino, questo “arrotondamento” è detto quantizzazione.
La risoluzione è il numero di valori discreti (gli scatti della manopola dell’esempio) in cui è suddiviso il campione. Tanti più sono i valori tanto più dettagliata sarà la dinamica.
La risoluzione è espressa in bit, per cui quando ascoltate un brano registrato o digitalizzato a 16Bit vorrà dire che per ogni campione sono stati raccolti 65536 livelli di ampiezza. Se il vostro DAC è “HiRes” sarà quindi in grado di convertire oltre 16.000.000 di livelli di ampiezza per ogni campione, a condizione che l’audio sia stato registrato o digitalizzato a questa risoluzione.
La sigla DSD sta per Direct Stream Digital, è una tecnica di campionamento differente rispetto al PCM (Pulse Code Modulation) che si avvale della Pulse Density Modulation. La differenza sostanziale è nella risoluzione che è fissa ad 1 Bit, e la frequenza di campionamento elevatissima. Di base essa è fissata a 2.8224 MHz ovvero 64 volte la frequenza di campionamento del Cd a 44.1kHz, viene infatti definito DSD64. Esistono anche il DSD128, DSD256 e DSD512. Questo processo di conversione è stato utilizzato soprattutto per i SACD. Va chiarito che il DSD non è un formato bensì una tecnica di conversione, i formati più comuni sono DFF e DSF.
DoP= DSDoverPCM è una tecnica usata da molti dei moderni DAC per veicolare il flusso dati DSD attraverso il PCM, in genere è un compromesso quando non è possibile sfruttare la decodifica DSD nativa.
Se la conversione DSD sia migliore di quella PCM non è facile dirlo. Il dibattito è ancora aperto e gli unici dati scientifici che abbiamo sono dei test sulla percezione degli ascoltatori. Uno studio tedesco del 2001 svolto in doppio cieco, che trovate a questo link, ha rilevato che gli ascoltatori “Difficilmente erano in grado di fare una distinsione riproducibile dei due sistemi di codifica”. Al contrario uno studio del 2014 dell’università di Tokio, che potete leggere qui, ha evidenziato che gli ascoltatori potevano distinguere le due codifiche a favore del DSD.
Il Jitter è una tipologia di errore che “afflige” i dispositivi digitali. E’ un problema che riguarda soprattutto i convertitori, e si verifica quando il tempo che intercorre nel “prelevamento” di due campioni non è costante. Il jitter quindi si verifica nel segnale di clock, un generatore di clock di qualità minimizza il rischio di jitter. Altre cause possono essere le interferenze elettromagnetiche, ad esempio quelle introdotte in un cavo usb dall’alimentazione di un pc. Per questo motivo esistono sul mercato diverse soluzioni, più o meno costose e più o meno efficaci, per “ripulire” il segnale proveniente da un cavo usb collegato a un DAC.
Potete trovare una lista dei migliori DAC, suddivisi per fasce di prezzo e aggiornata di frequente, in questo articolo.
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